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Eccellenze agroalimentari: la contraffazione alimentare minaccia il made in Italy
Pubblicato il 09/12/2015

Eccellenze agroalimentari: la contraffazione alimentare minaccia il made in Italy

Negli ultimi mesi cifre record per il settore delle eccellenze agroalimentari italiane che restano, tuttavia, minacciate dal fenomeno della contraffazione alimentare.

Un 2015 in continua crescita per le eccellenze agroalimentari made in Italy. Un trend ereditato dal 2014 e che, complice l’Expo, è stato confermato anche quest’anno. A dispetto di quella famosa triade spaghetti – pizza - mandolino sempre un po’ denigratoria verso il nostro paese, oggi proprio questi prodotti sembrano essere divenuti il traino delle esportazioni italiane all’estero. Il made in Italy del settore food, infatti, si è guadagnato lo status di prodotto culturale, trendy, esperienziale e, negli Stati Uniti come in Asia, anche “etnico”. Un fatturato da più di 30 miliardi di euro, da proteggere sempre più attraverso precise norme a tutela dalla contraffazione alimentare in Europa e nel resto del mondo.

Negli ultimi dieci anni (stime calcolate al 2014) le esportazioni italiane nel mercato alimentare sono cresciute a velocità doppia rispetto al totale: ogni anno, infatti, si stima che circa 1,2 miliardi di persone acquistino eccellenze agroalimentari italiane. Vengono confermate alcune produzioni tradizionali come il vino italiano e i formaggi, con un picco inaspettato che riguarda le nostrane produzioni di gorgonzola e pecorino (purtroppo i più colpiti da fenomeni di contraffazione alimentare). Si confermano settori di successo all’estero anche quello dolciario (prodotti da forno in particolare), quello della pasta (che conquista sempre più le tavole non mediterranee), olio, salumi, mele e quello degli ortaggi lavorati (passata di pomodoro in primis). Nonostante la crisi, che attanaglia il mercato globale dal 2008, schizzano in alto il settore dei mangimi, che fa registrare un +23%, e quello della birra (+15%).

Vecchie conferme ma anche alcuni outsider fra i paesi importatori: nel 2014 la Germania si è confermata prima importatrice di prodotti italiani agroalimentari (circa il 16,1% ). Seguono “le solite note” Francia (11,6%), Stati Uniti (10,9%), Regno Unito (9,5%, con un fenomeno importante quale quello delle importazione di birra italiana, la preferita dagli Inglesi) e Svizzera (3,9%). Questi paesi, assieme, assorbirebbero circa la metà dell’export agroalimentare italiano. Buoni trend anche nei nuovi mercati, ovvero paesi asiatici e dell’Est Europa, che fanno registrare sempre più alti tassi di crescita delle importazioni italiane. Da record il caso di Taiwan, che ha fatto registrare un +25% seguito a ruota da Corea del Sud, Israele, Croazia, Singapore, Polonia, Slovacchia e Brasile. Confortante anche un nuovo picco delle importazioni italiane in Cina che sono tornate a sfiorare la doppia cifra con un +9,9%.

A minacciare costantemente queste tendenze più che positive diversi tipi di minacce: dalle tradizionali barriere tariffarie (e non) fino alle formule sempre più nuove di contraffazione alimentare. A preoccupare, infatti, consumatori e produttori è il cosiddetto Italian sounding, l’imitazione cioè, di un’eccellenza agroalimentare o di un marchio italiano attraverso una produzione che italiana non è. Un fenomeno cresciuto del 180% negli ultimi dieci anni e che fa registrare fatturati da record. Il picco delle contraffazioni si registra negli Stati Uniti dove solo 1 prodotto su 8, venduto come made in Italy, lo sarebbe realmente. Preoccupante lo stesso fenomeno nell’Eurozona (la contraffazioni del prosciutto crudo e del parmigiano sono casi celebri), area in cui l’Italian sounding crea un giro d’affari per 22 miliardi di euro.

Se poco si può fare in termini di barriere tariffarie, sulle quali si può agire esclusivamente con specifici accordi bilaterali fra stati, molto si può fare dall’interno del nostro paese. Il proliferare, negli ultimi anni, di specifici standard di qualità come marchi, indicazioni e denominazioni (DOC, DOP, IGP) rappresenta allo stesso tempo, infatti, un sintomo e una prima soluzione al problema.  In tal senso i Cash & Carry Adhoc prestano particolare attenzione ad offrire un variegato assortimento di prodotti certificati, selezionando solo i fornitori più qualificati, credendo nella trasparenza come valore da perseguire tutti i giorni nei nostri punti vendita.

Se un certo margine di tutela è stato reso possibile all’interno della legislazione comunitaria, sforzi sempre maggiori saranno necessari per tutelare le eccellenze agroalimentari italiane oltreoceano. Un’ipotesi paventata da più parti, dalla politica agli esercenti, è quella di dar vita alla onnicomprensiva certificazione made in Italy, che da semplice slogan, di cui tutti possono appropriarsi indebitamente, potrebbe trasformarsi in una vera tutela legale.

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