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Gli antipasti nella cultura gastronomica italiana e non solo
Pubblicato il 19/09/2018

Gli antipasti nella cultura gastronomica italiana e non solo

Principii o antipasto sono propriamente quelle cosette appetitose che s’imbandiscono per mangiare o dopo la minestra, come si usa in Toscana, cosa che mi sembra più ragionevole,  o prima, come si pratica in alcune parti d’Italia. Le ostriche, i salumi, tanto di grasso, come prosciutto, salame, mortadella, lingua; quanto di magro: acciughe, sardine, caviale,  mosciame (che è la schiena salata del tonno), possono servire da principio tanto soli che accompagnati col burro. Oltre a ciò i crostini, che vi descriverò qui appresso, servono benissimo all’uopo…”

Il signore che scriveva queste parole era un tale di nome Pellegrino Artusi, nume tutelare della cucina italiana, vissuto in epoca rinascimentale ma i cui insegnamenti e ricette ancora oggi sono oggetto non solo di riproposizione ma di vera e propria venerazione. Ecco come descriva gli antipasti e ci introduceva alla collocazione di questo piatto nel desco dell'epoca, posto che ha conservato e conserva su tutte le tavole italiane ancora.

Ricordiamo, però, che l’usanza di aprire la cena con qualcosa di stuzzicante che non fosse una pietanza abbondante e impegnativa risale alle tavole ricche dell’antica Roma; dopo la caduta dell’Impero romano e per tutto il Medioevo l’antipasto cadde in disuso lasciando ai piatti di carne e di cacciagione il compito di aprire il pasto salvo ricomparire sulle nostre tavole nel ’500.

Cosa pensate oggi quando vi prefigurano un antipasto se non "l’eccellenza" di verdure poste sott’olio o sott’aceto, salumi ed insaccati Dop e Igp, formaggi e quanto di più semplice e genuino si possa immaginare, servito con pane e abbinato a vini locali: il necessario per aprire ogni banchetto che si rispetti. Ovviamente, da qui prende il via una lunga rassegna di specialità regionali che caratterizzano altrettante versioni di Antipasto.

Dalle tigelle allo gnocco fritto in Emilia, da panzanella e crostini in Toscana, fino ad arrivare all’insalata caprese o l'insalata di mare in Campania gli antipasti hanno una connotazione tipicamente contadina e nascono essenzialmente dall’utilizzo di materie prime semplici. Ma come ci vedono all'estero o, per meglio dire, dall'estero?

Gli italiani hanno le potenzialità per conquistare le simpatie (e i portafogli) di tutti nel mondo ma su certi versanti siamo un po’ indietro rispetto ad altri Paesi. Alcuni esempi, il Giappone ha da anni pensato un sistema di certificazione per i ristoranti giapponesi nel mondo, il Perù ha registrato il brand “marca Perù” da apporre a qualunque cibo di produzione nazionale, la Corea ha pianificato la penetrazione commerciale in mercati prioritari e sta associando sempre più la sua cucina al concetto di salubrità, la Francia ha da sempre un’alta considerazione di produttori e cuochi tanto che molte star della cucina. L'Italia non è entrata ancora in quest'ottica se non nella tutela nazionale ma non ancora internazionale.

La cultura gastronomica europea in genere ma anche del mondo anglosassone non è incline all'antipasto; molto spesso è una cultura che privilegia pasti frugali e magari colazioni più di peso o addirittura non conosce proprio il fascino di un pranzo con tante portate aperte, appunto, dagli antipasti e si guarda all'Italia o con curiosità o con distacco. Molto meno marcata la differenza fra cultura gastronomica italiana e quella del mondo latino o ispanico molto più vicine elettivamente e nella vita quotidiana.

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