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L'evoluzione della pasta
Pubblicato il 28/11/2018

L'evoluzione della pasta

La pasta è, senza margine di errore, l’alimento che maggiormente è presente sulle nostre tavole ma è chiaro che la produzione di questo prodotto ha subito una serie di evoluzioni  temporali per adeguarlo alle nuove esigenze dei consumatori e degli addetti ai lavori della ristorazione. Il problema dei tempi di cottura “imprecisi” riguarda numerose tipologie di pasta che riportano informazioni che non sono corrette al 100% a causa di diversi fattori.

Indubbiamente è cambiata la materia prima, il grano, utilizzato soprattutto tenendo conto che oggi la gran parte della produzione dei produttori italiani, che sono e restano al top nel mondo,  fa rifornimento di grani europei, russi, canadesi che hanno agenti glutinici e proteici molto più resistenti di quelli nostrani.

Un’altra componente della produzione che è molto cambiata negli anni è sicuramente l’essiccazione.

Basti pensare che nel 1880 per asciugare gli spaghetti ci volevano 8-10 giorni in estate e 20-30 in inverno, nel 1903 con l’avvento dell’essiccazione meccanica i giorni si riducono a 3-5. Nel 1950 la temperatura raggiunge circa 60°C e le operazioni si concludono dopo 24-36 ore. Il tempo dimezza nel 1970 (12-15 ore) quando si superano i 65°C. Nel 1985-90 il termometro arriva a 80-85°C e le ore diventano 4-6. Con i nuovi macchinari che lavorano ad altissime temperature 90-115-120°C dopo 2-3 ore la pasta può essere  pronta.

Quando nella produzione industriale il termometro sale sino a 115-120°C significa che siamo soprattutto in pastifici che preparano pasta low cost; infatti, il problema è che più sale la temperatura, più cambia il sapore e diminuisce il valore nutrizionale della pasta prodotta.

Risulta chiaro che una temperatura di essiccazione inferiore ai 60°C limita il danno termico, perché non altera la struttura del glutine e mantiene il più possibile intatte le caratteristiche organolettiche e nutrizionali del prodotto. Ricordate che  la pasta essiccata a basse temperature si riconosce perché ha una tonalità tendente al giallo.

Altro elemento da tenere presente è che mentre prima si utilizzava un unico metodo di cottura della pasta, quello classico in acqua bollente per i minuti anche scritti sulla confezione, oggi sempre più si fa largo il metodo di cottura ‘risottato’; cioè si cuoce la pasta così come si fa con il riso per il risotto in liquidi che molto spesso sono sughi o brodi vegetali, di carne o di pesce.

Èchiaro che qui interviene anche l’abilità di chi cuoce la pasta oltre le proprietà del prodotto perché bisogna conoscere le tecniche per poterle bene utilizzare. Noi comuni mortali potremmo, per esempio, utilizzare il classico accorgimento della nonna per stabilire se la pasta è cotta a puntino: assaggiarla.
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