Carne, croce e delizia della tavola degli italiani. Nel secolo scorso il benessere si misurava in maniera molto empirica proprio sulla quantità di carne consumata in un anno che a partire dagli anni del boom economico fece registrare picchi di consumo davvero impressionanti.
Oggi tutto ciò è cambiato, si è praticamente capovolto e l'inversione di tendenza non è dato solo dallo sviluppo della filosofia vegetariana o ancor di più vegana, ma per alcuni dati: l'incidenza del consumo di carne – specie rossa – nell'insorgenza di alcune patologie e la coscienza ambientalista che ha messo in rilievo come l'allevamento, specie intensivo, sia autodistruttivo a livello planetario.
Tre fattori sono riconosciuti davvero deleteri:
impronta idrica eccessiva
uso eccessivo di antibiotici
produzione di gas serra
Gli allevamenti tradizionali di piccola scala, invece, possono essere gestiti in modo più sostenibile: l’erba e il fieno possono dal territorio sul quale gli animali sono allevati, così come i cereali e leguminose necessari per nutrirli, il che permette di farli crescere a densità minori e di impiegare il loro letame come fertilizzante per i campi.
Dunque, anche se in leggera ripresa quest'anno, la sua presenza nella dieta mediterranea rimane a livelli molto bassi rispetto al resto del Vecchio continente.
Il record è dei danesi. Secondo i dati dell'osservatorio, ogni italiano nell'ultimo anno ha mangiato in media 79 kg di carne: in maggioranza si tratta di carne di maiale (37 kg), seguita da quella bovina (21 kg) e da quella avicola (19 kg). La parte restante (2kg) è di animali diversi come coniglio e cavallo.
Se tale dato è il più basso d'Europa, dall'altro capo della classifica si trovano, invece, la Danimarca con 109,8 kg, il Portogallo con 101 kg e la Spagna con 99,5 kg. Anche la dieta di francesi e tedeschi è assai più ricca di carne della nostra, con un consumo annuo pro capite, rispettivamente, di 85,8 e 86 kg.
Nel mercato italiano si assiste ad una decisa svolta verso la qualità con il 45% degli italiani che privilegia la carne proveniente da allevamenti italiani, il 29% sceglie prodotti locali e il 20% si affida a marchi DOP, IGP o con altre certificazioni di origine. La domanda di qualità e di garanzia dell’origine ha portato ad un vero boom nell’allevamento delle razze storiche italiane che, dopo aver rischiato l’estinzione, sono tornate a ripopolare le campagne dagli Appennini alle Alpi.