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Panettone e Pandoro: due storie a confronto
Pubblicato il 21/11/2018

Panettone e Pandoro: due storie a confronto

La disputa in tema di dolci natalizi presente in tutte le nostre case è di certo quella fra il panettone ed il pandoro. Due dolci della tradizione ed anche due dolci con storia e leggende alle spalle sulla loro nascita. Per il panettone due diverse storie si tramandano:


Nella prima si racconta che "messer Ulivo degli Atellani, falconiere, abitava nella Contrada delle Grazie a Milano. Innamorato di Algisa, bellissima figlia di un fornaio, si fece assumere dal padre di lei come garzone e, per incrementare le vendite, provò a inventare un dolce: con la migliore farina del mulino impastò uova, burro, miele e uva sultanina. Poi infornò. Fu un successo strabiliante, tutti vollero assaggiare il nuovo pane e qualche tempo dopo i due giovani innamorati si sposarono e vissero felici e contenti".

Nella seconda, il cuoco al servizio di Ludovico il Moro fu incaricato di preparare un sontuoso pranzo di Natale a cui erano stati invitati molti nobili del circondario, ma il dolce, dimenticato per errore nel forno, quasi si carbonizzò. Vista la disperazione del cuoco, Toni, un piccolo sguattero, propose una soluzione: «Con quanto è rimasto in dispensa – un po' di farina, burro, uova, della scorza di cedro e qualche uvetta – stamane ho cucinato questo dolce. Se non avete altro, potete portarlo in tavola». Il cuoco acconsentì e, tremante, si mise dietro una tenda a spiare la reazione degli ospiti. Tutti furono entusiasti e al duca, che voleva conoscere il nome di quella prelibatezza, il cuoco rivelò il segreto: «L'è 'l pan del Toni». Da allora è il "pane di Toni", ossia il "panettone".


Di sicuro resta la ricetta, sempre la stessa nei secoli, sapientemente vanno miscelati:



Acqua                                                                     Zucchero

Farina 0                                                                  Frutta candita (in particolare arancia e cedro)

Sale                                                                        Uvetta sultanina

Uova fresche e/o tuorli pastorizzati                    Vaniglia

Latte                                                                       Lievito naturale

Burro


Alla fine il dolce avrà una tipica forma cilindrica dovuta allo stampo di cottura che rimane attaccato al prodotto finito. La crosta superiore è screpolata e tagliata in modo caratteristico (scarpatura). La pasta presenta una struttura soffice ed alveolata e un aroma tipico.


Per il pandoro bisogna dire che le origini della ricetta sono da ricercare ai tempi dell'antica Roma, addirittura se ne fa menzione in uno scritto minore che risale al primo secolo d.C., ai tempi di Plinio il Vecchio, che cita un cuoco di nome Vergilius Stephanus Senex che preparò un "panis" con fiori di farina, burro e olio.

Altra leggenda ci riporta che la ricetta pare derivi anche dal "pane de oro" che veniva servito intorno al XIII secolo sulle tavole dei nobili veneziani.

Di sicuro, invece, la nascita della ricetta moderna, almeno come la intendiamo oggi, che risale all'Ottocento, come evoluzione del nadalin, dolce veronese. Il 14 ottobre 1894 Domenico Melegatti, fondatore dell'omonima industria dolciaria veronese, depositò all'ufficio brevetti un dolce morbido e dal caratteristico corpo a forma di stella a otto punte, opera dell'artista Angelo Dall'Oca Bianca, pittore impressionista.


Questi gli ingredienti della ricetta classica del pandoro:



Farina                    Lievito

Uova                      Miele

Burro                     Vaniglia

Zucchero


Guardando gli ingredienti che compongono la ricetta del pandoro classico si può avere l'impressione che sia un dolce facile da fare, niente di più falso il procedimento è abbastanza complesso e si svolge in almeno tre fasi con impasti successivi uno all'altro.

Ovviamente c'è chi preferisce il primo, di estrazione milanese, con tanta uvetta e canditi e chi opta decisamente per il secondo, di discendenza veronese,assolutamente privo di alcunché al suo interno ma proverbiale per la sua sofficità e la montagna di zucchero a velo che lo ricopre.


Ai posteri l’ardua sentenza e la scelta.


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